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Life/
1984
Alice
La mia tutt’ora amatissima coetanea Christiane, che nel 1979 e 1980 fu un sogno d’amore, a un certo punto si stancò del mio vagabondare e del mio essere fanciullesco. Così trovato un uomo più avanti negli anni, bello come Cristo e di grande fascino, concepì con Egli una creatura meravigliosa a cui venne dato il nome di Alice.
Nel settembre del 1984, proprio per il primo compleanno della creatura, Christiane mi raggiunse in Liguria, nella mia quinta stagione da bagnino. Alice era la bambola più viva e più buona che mai avessi incontrato.
Lezioni di guida
Nei sette anni sette passati sulla spiaggia di Varigotti la padrona dell’albergo Stella Azzurra, Signora Germana, mi concedeva in ‘benefit’ la sua vecchia Fiat 500, con cui ho scorazzato tra il mare e il selvatico entroterra del savonese per pochi giorni e innumerevoli notti. Qui, sulle terrazze mozzafiato di Verezzi, Alice ha le sue prime esperienze di guida!
Sole di settembre
A settembre la Liguria ed il Mediterraneo acquisiscono una bellezza malinconica ed esaltante, che i condannati di luglio e agosto ignorano. Dopo ogni temporale il cielo è più puro, l’acqua più dolce, il sole non scotta più, anzi è buono, tiepido, nutriente, cremoso, provvisorio e ci si lascia allattare volentieri, ad occhi chiusi.
Onda silenzio sale sole
Il wind surf arrivò in Italia alla fine degli anni 70. Per alcune stagioni stetti a guardare i giovani liguri e i ricchi milanesi e torinesi miei clienti armeggiare con tavole, boma e vele. Li vedevo cadere e ricadere e poi alzare la vela e partire. Nei giorni di tramontana i cittadini partivano col vento in poppa… e non tornavano più. Li andavamo a recuperare, ‘jastemandu ù Segnù’, col moscone o col gommoncino. Io di tavole non ne avevo e stavo a guardare. Poi il terzo settembre, un amico dai lunghi capelli, partì con la sua bella barca a vela di legno per i Caraibi (credo vi sia rimasto a lungo…) e passando davanti alla spiaggia mi salutò urlando, ebbro di gioia, e quale tangibile segno del suo affetto, senza fermarsi, scaricò in mare la sua vissuta tavola per me. Coll’aiuto di Roberto (un giovane indigeno buono, che due anni dopo sarebbe morto in uno stupido incidente d’auto sull’Aurelia, a mezzo km da casa) il pescatore figlio di pescatore, che mi insegnò i rudimenti e venne in acqua con me tre o quattro volte, imparai a tenere piedi, braccia, culo e vela. Col vento forte non sono mai andato, ma al mattino, nella pausa pranzo e la sera, col levante o il ponentino, la vecchia tavola del marinaio per quattro estati mi ha portato sul mare… onda e silenzio, sale e sole… a volte cantavo, a volte andavo solo mezzo miglio al largo, mettevo la vela in acqua e mi sdraiavo a sentire il canto del mare. Questa, scattata da Christiane colla mia minox è una delle tre immagini dell’unione tra me e il geniale veicolo marino.
duduuu duduuu duduuu
Dopo 100 giorni di spiaggia senza sosta i temporali di settembre per un bagnino sono come l’oasi per un tuareg. Dormivamo sulla collina di Monticello, un paio di km alti sul mare, in una vecchia casa colonica, tra gli olivi, gli albicocchi, le vigne e le mimose. La mia stanza era ricavata in un fienile, sopra al torchio dell’uva. Alla fine di settembre si vendemmiava e il profumo delle vinacce saliva nella stanza. Dormivamo Christiane ed io come fratelli, la piccola Alice in mezzo a noi. Al mattino si svegliava, si metteva gattoni nel letto, guardava il mondo e indicava ogni cosa con il dito, felice: duduuu duduuuuuu! Lì ho capito che se il corpo e i genitori sono minimamente in ordine, noi veniamo al mondo per essere felici. Non riuscirci dipende in gran parte da noi.