1992

Rita al Trullo

Rita al Trullo, foto Alex Martello, grande marinaio e vogatore veneziano.

  • Virginio Briatore

Anatolì

Il mio amico e maestro Norman Mommens a fianco della sua scultura ‘Anatolì’ alle cui spalle tramonta il sole. Il nome Anatolì apparve in sogno a Normann, quando viveva e scolpiva all’isola di Naxox, nel 1963; al mattino dal vocabolario capì che Anatolì significa Est. Sorgere. Aurora.  Nel 1965 ritornato a Carrara scolpì in una pilastro di marmo ‘bardiglio’ grigio blu un erma alta tre metri e venti. Scrive Norman: “ Nel 1970 lasciavo Carrara per la Puglia. Sul terreno che apparteneva alla masseria in declino, nella quale mi ero trasferito, c’era un aia circolare con lastricato di pietra, nove metri di diametro. Una splendida ‘area lustrale’ per una grande scultura. In un primo momento pensai di mettere la statua al centro, ma uno dei blocchi di pietra che costituivano il basso muretto di cinta dell’aia era caduto di lato e quest’apertura mi suggeri un posto dal quale l’opera avrebbe presidiato l’area del recinto. In questa posizione si ritrovava di fronte all’entrata dell’aia e, come mi accadde di scoprire più tardi guarda ad Est.
Oggi, quindici anni dopo il mio sogno di Naxos, ho accettato il nome Anatolì sul serio. Insieme alla scultura attualmente cotta dal sole, osservo il sole muoversi lungo l’orizzonte tra i punti del suo levarsi nei solstizi.
Il sole istruisce Anatolì: qualcosa di più vitale per l’uomo della luce e dell’energia albeggia su di noi ogni mattina.” 
Foto di Lenny Buratto, amico e grande guaritore dell’occhio.

  • Virginio Briatore

Il suo capolavoro fu la morte

Una architettonica cerimonia di presentazione in Corso Monforte 15 è una delle poche volte in cui ho messo una cravatta e mi pare sia anche l’ultima. In mezzo c’é il giovane Spiller, (oggi noto compositore di musica elettronica) che già era alto due metri, vestito da colonna, e poi il mio amico Giorgio Semeghini, lombardo delle pianure che aveva eletto a sua dimora Lecce, dove 5 anni prima ci conoscemmo. Siccome in quella città eravamo entrambi ospiti felici e strani iniziammo a frequentarci e dato che io ero povero e lui ricco mi regalava giacche, camicie, scarpe, statuine di zucchero, vassoi di ceramica, pranzi e cene… 
Il suo lavoro (portare nel Sud Italia il meglio dell’arte della tavola del Nord Europa - argenti cristalli porcellane) lo circondava di persone, feste e risate… ma in realtà viveva solo passando da un albergo a un altro sino alla sua casa nella periferia di Surbo (che da fuori era spettrale come quasi tutte le case nuove nei paesoni del sud e invece dentro era un mini-museo euroasiatico che spaziava dai vasi laconici della magna Grecia alla poltrona di Kita). Attore ed artista per diletto, barocco ed esagerato, Giorgio aveva qualcosa di tragico nel suo sorriso di esteta gentile. Dopo varie peripezie venne a morire, a soli 56 anni, nella pianura veneta, curato e coccolato da persone che indirettamente aveva conosciuto attraverso di me. A causa di uno dei suoi frequenti malumori/timori ci eravamo persi di vista… sapendolo alla fine però decisi di andarlo a cercare. Era un tumore lento e lui nell’appartamento luminoso di una villa veneta reincarnatasi albergo-casa di cura riceveva ogni giorno la visita di amici, artisti, attori, musicisti, vecchie amiche e a tutti diceva qualcosa di buono o regalavava qualcosa. Anche con me fu gentile e rivolgendosi agli astanti tesseva loro le mie lodi…… io ero andato a consolarlo e lui mi inondava di gioia… ero da poco padre e gli avevo portato una foto di Luigi poppante…… lui se la mise sulla testiera del letto e la indicava a tutti quelli che entravano: “ Guardate questo è Luigi il figlio di Virginio, diventerà un’artista della vita, come suo padre!”
Grazie Semeghini, grazie ancora, per la camicia a fiori, per la giacca di Pierre Cardin che tu dicevi usata e che per me era nuova.

  • Virginio Briatore